Le Malattie Sessualmente Trasmissibili (MST) sono patologie causate da batteri (gonorrea, sifilide, clamidia) e virus (papilloma virus, herpes virus, hiv) che si possono trasmettere con l’attività sessuale, attraverso il contatto diretto di sperma , secrezioni vaginali, rapporti orali oppure lesioni che favoriscono il contagio.
Le MST possono essere contratte sia dall’uomo che dalla donna e, se non diagnosticate in tempo, possono compromettere il corretto funzionamento di organi e apparati, causando patologie più o meno gravi come infiammazioni, infertilità e cancro.
Le MST sono moto diffuse e interessano milioni di individui ogni anno in tutto il mondo. Esse rappresentano un problema rilevante per la salute pubblica.
Negli ultimi anni 10 anni si è osservato un netto aumento dei casi di persone con una infezione sessualmente trasmissibile; in particolare i casi di Sifilide sono aumentati del 70% e i casi di infezione da Chlamydia trachomatis e Neisseria gonorreae sono raddoppiati.
Desta grande preoccupazione l’incidenza delle MST tra i giovani tra i 15 e i 24 anni. L’incremento che si osserva tra questi ragazzi è dovuto soprattutto alla scarsa informazione, alla promiscuità, all’utilizzo errato del preservativo e, purtroppo, molti sottovalutano il rischio che le MST possano determinare sterilità o diventare un fattore predisponente allo sviluppo di tumori.
Inoltre è raddoppiato il numero di stranieri con una malattia confermata e in atto.
Oggi le moderne tecniche di biologia molecolare, in particolare la Real Time PCR, permettono di valutare la presenza del genoma dei microrganismi con una sensibilità ed affidabilità molto superiori alle metodiche di microbiologia classica.
In base alle specifiche esigenze, possono essere ricercati i diversi patogeni responsabili delle MST, quali Chlamydia, Mycoplasma, Neisseria, Treponema, HPV.
Il Papilloma virus (HPV-Human Papilloma virus) è responsabile di una delle infezioni sessualmente trasmissibili più diffuse; si stima che almeno l’80% delle donne contrae una forma di HPV genitale nel corso della propria vita.
Si conoscono circa 120 genotipi di papilloma virus, molti dei quali causano infezioni transitorie e asintomatiche. Tuttavia alcuni possono causare tumori benigni come condiloma genitale e tumori maligni al collo dell’utero, al cavo orale, all’ano, all’esofago, alla laringe.
L’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro ha confermato l’evidenza oncogena per 14 genotipi ad alto rischio. HPV 16 e HPV 18 sono responsabili di oltre il 70% dei casi di cervicocarcinoma.
Per cui accanto al Pap-test (screening citologico per identificare le lesioni precancerose) è opportuno eseguire il test molecolare per la ricerca del DNA di HPV ad alto rischio oncogeno, nonchè il test diagnostico dell’mRNA dell’HPV, che dà un’ informazione di grande rilevanza clinica, poiché identifica se il genoma virale è integrato nella cellula epiteliale (infezione persistente) o non integrato (infezione transitoria), quindi individua le pazienti che hanno maggiore probabilità di sviluppare una lesione neoplastica.
Per interrompere il circolo vizioso tra i germi e le patologie suindicate, occorre dunque far ricorso tempestivo ad una efficace diagnosi, resa possibile da tecniche diagnostiche sempre piu innovative e all’avanguardia.
Dott.ssa Anna Longanella
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“La cistite è una fastidiosa infiammazione (flogosi) della mucosa vescicale. Colpisce prevalentemente il sesso femminile e spesso si accompagna ad un bisogno continuo e doloroso di urinare. La cistite insorge talvolta senza sintomi o cause evidenti, altre volte è secondaria a pratiche anticoncezionali o a rapporti sessuali”
L’infiammazione è causata da batteri che popolano l’ultimo tratto dell’intestino, fra cui in prima linea il colibacillo. Tali germi possono raggiungere la vescica dall’esterno, passando attraverso l’uretra, o dall’interno per propagazione da organi vicini, o ancora per via ematica. Giunti in vescica i germi possono moltiplicarsi in modo esponenziale e produrre l’infiammazione della mucosa nota come cistite. La cistite può manifestarsi per la presenza di numerose condizioni predisponenti come una debilitazione del sistema immunitario in seguito a terapia antibiotica, un’alimentazione irregolare, uno stress eccessivo seguito da un’ affaticamento fisico o mentale. Anche la scarsa o l’eccessiva igiene intima sono un fattore di rischio comune per l’insorgere della cistite.
Attenzione all’utilizzo di assorbenti interni o pantaloni troppo aderenti.
Oltre ad intraprendere una terapia farmacologica per la cura della cistite, è doveroso seguire una serie di norme igienico-comportamentali utili per velocizzare la guarigione e prevenire le ricadute.
La prima difesa è l’alimentazione. È fondamentale assumere molta acqua per diluire la carica batterica responsabile della cistite ed evitare alimenti irritanti per le vie urinarie quali alcolici, caffè, cioccolato, peperoncino, spezie varie.
Anche la fitoterapia può essere un valido aiuto per alleggerire la sintomatologia della cistite. L’Uva ursina è una pianta utilizzata per il trattamento della cistite per la sua proprietà antimicrobico/disinfettante delle vie urinarie. Anche carciofo, cetriolo, finocchio, sedano e tarassaco espletano una buona azione diuretica, valido ausilio per coadiuvare il trattamento della cistite.
Per contribuire al benessere delle vie urinarie e diminuire i rischi di infezione, sono disponibili in farmacia integratori a base di sostanze naturali e in particolare estratti di mirtillo rosso, che facilitano l’eliminazione di eventuali batteri con il normale flusso urinario. Tuttavia quando i sintomi non regrediscono, si può ricorrere ad una terapia farmacologica vera e propria utilizzando antispastici combinati con antidolorifici ed antibiotici. La scelta dell’antibiotico deve essere effettuata in funzione della sensibilità locale e dell’antibiogramma, che evidenza il tipo di agente eziologico.
“È ormai scientificamente e universalmente accettato che i prodotti naturali vengono meglio tollerati dall’organismo e consentono la personalizzazione dell’integrazione alimentare e sono rappresentano valide alternative alla terapia ormonale sostitutiva”
Le piante ricche di ormoni vegetali maggiormente utilizzate per il trattamento fitoterapico della menopausa sono principalmente la Soia, la Cimicifuga, ilTrifoglio, ricche di fitoestrogeni, e la Dioscorea o Igname selvatico, ricco difitoprogestinici.
I fitoestrogeni si sono rivelati utili contro i disturbi dovuti alla menopausa e le patologie ad essa correlate, come l’osteoporosi e l’ipercolesterolemia; infatti studi clinici hanno evidenziato che gli isoflavoni della Soia, inseriti nella dieta, diminuiscono la perdita della massa ossea che accompagna la menopausa, e contemporaneamente contribuiscono a ridurre il cosiddetto colesterolo cattivo, o LDL, mentre tendono a far aumentare il colesterolo buono, o HDL. Questo può contribuire a favorire la prevenzione dei danni cardiovascolari.
Il vantaggio dei fitoestrogeni, rispetto alla terapia ormonale sostitutiva di sintesi, è che non provocano gli effetti collaterali di quest’ultima. E’ importante, quando si assumono isoflavoni di Soia, far sì che la flora batterica intestinale sia efficiente, poiché le molecole degli isoflavoni sono molto grandi e devono essere scisse per essere assimilate, per mezzo delle glicosidasi, enzimi che vengono prodotti proprio dalla flora batterica intestinale; perciò è utile integrare l’assunzione di isoflavoni con fermenti lattici probiotici, che arricchiscano la flora batterica intestinale: si otterrà in questo modo una miglior assimilazione dei principi attivi e quindi una loro migliore efficacia, oltre ad evitare fenomeni di gonfiori intestinali.
“Gli effetti benefici del trattamento naturale si rendono evidenti dopo circa tre-quattro settimane (anche la terapia ormonale sostitutiva di sintesi richiede un tale intervallo di tempo, poiché l’organismo deve raggiungere un certo livello di ormoni per sentirne gli effetti) e l’assunzione va protratta per un periodo adeguato”
Un’altra pianta molto importante per il trattamento dei disturbi della menopausa è l’Igname selvatico (Dioscorea villosa o Wild Yam), che appartiene alla famiglia delle Dioscoreacee; è una pianta erbacea rampicante, di cui si utilizza soprattutto la specie messicana, che è la più ricca di composti ormono-simili. L’Igname contiene in particolare la diosgenina, sostanza naturale simile agli ormoni umani che, essendo il precursore biologico del progesterone, è in grado di normalizzare il rapporto estrogeno-progesterone, funzione quindi importantissima per mantenere l’esatto equilibrio ormonale femminile, per cui è indicata sia per i disturbi della menopausa che per le sindromi premestruali.
Per quanto riguarda la menopausa contribuisce a combatterne i sintomi tipici come vampate, stanchezza, secchezza delle mucose vaginali e maggior predisposizione alle infezioni vaginali e urinarie. Da alcuni studi effettuati, pare che abbia influenza anche nel ridurre il consolidamento delle fratture con incremento di densità ossea, e che riduca la perdita ossea in menopausa, cosa che, se confermata, rende ottimisti per l’uso di questa pianta anche per la prevenzione dell’osteoporosi.
In associazione a queste piante tipiche per la menopausa, è bene assumerne anche altre che agiscano soprattutto a livello dell’ansia, dell’insonnia e della leggera depressione che talvolta si avverte, come il Biancospino, la Melissa, la Passiflora, l’Iperico. Anche la Melatonina, un ormone naturale che regola l’equilibrio fra il sonno e la veglia, è molto utile, associata a piante rilassanti, per indurre il sonno in caso di insonnia.
Sarebbe bene prevedere anche un’integrazione di sali minerali, quali calcio, zinco, magnesio, boro, fluoro e di vitamine, soprattutto la vitamina D che facilita l’assimilazione del calcio, così importante per prevenire l’osteoporosi.
“Tutto ciò che abbiamo detto può servire ad affrontare al meglio la menopausa, e vivere così una seconda giovinezza il più possibile serena e spensierata”
Il ferro è un nutriente essenziale per il corretto funzionamento dell’emoglobina (il pigmento rosso del sangue), responsabile del trasporto di ossigeno a tutte le cellule dell’organismo e i primi sintomi della carenza di ferro sono stanchezza e spossatezza.
In generale le donne sono più soggette degli uomini a sviluppare uno stato anemico, e questo da sempre, proprio a causa della loro diversità biologica.
In età fertile, quindi dai 15 ai 50 anni, la donna ha una costante perdita di ferro, attraverso il sangue, dovuta al ciclo mensile; anche se l’emorragia può avere un flusso più o meno intenso secondo i soggetti, e una frequenza diversa, l’organismo deve comunque ricostruire le sue scorte di ferro ogni mese.
Attenzione però: la mestruazione è un evento fisiologico, cioè normale per il nostro organismo, e di per sé non induce una sindrome anemica, semplicemente aumenta il fabbisogno di ferro nelle donne rispetto agli uomini.
Altri eventi, esclusivamente femminili, come la gravidanza, il parto e l’allattamento causano un gran dispendio di ferro e, quindi, richiedono un apporto maggiore di cibi ricchi di questo minerale o un’integrazione farmacologica.
Tutte queste condizioni pongono la donna in una situazione a rischio di sviluppare uno stato anemico, rischio che può, e deve, essere prevenuto con una diagnosi precoce.
Il controllo periodico dei valori di emoglobina, con un normale esame del sangue (ematocrito), costituisce un buon mezzo per identificare eventuali carenze in stadio iniziale.
Per ottenere un apporto adeguato di ferro e diminuire il rischio di malattie, si può seguire una dieta sana che comprenda:
Quando possibile, consumate alimenti freschi, anziché gli integratori, perché il nostro organismo non è fatto per le dosi elevate di una certa sostanza nutritiva, che mettono a dura prova il fegato e causano squilibri nelle altre sostanze nutritive.
Fate almeno 20 minuti di attività fisica al giorno: fate una passeggiata o, se potete, fate almeno 10.000 passi.Nella nostra dieta le carni rosse sono la fonte principale di ferro che è anche presente nel pesce grasso, nella carne scura di pollo e tacchino, nelle noci, nei semi, nella frutta secca, negli ortaggi verdi nei cereali arricchiti della prima colazione. Si stima che circa l’8% delle donne occidentali sia carente di ferro,quindi circa il 10-20% delle adolescenti siano affette da questa deficienza.
Alimento | Quantità | Apporto di ferro |
Carne magra | 150g | 6mg |
Fagioli cotti | 200g | 5mg |
Sardine in scatola | 100g | 5mg |
Cereali per la prima colazione (controllare la tabella in etichetta) | 30-45g | 4mg |
Fichi secchi | 4 | 3mg |
Carne scura di tacchino | 120g | 2mg |
Semi di sesamo | 20g | 2mg |
Verdura fresca cotta | 90g | 1mg |
Il nostro organismo assorbe circa il 25% del ferro contenuto in carne, pesce e pollame.
L’assorbimento di ferro da cereali, verdura, frutta è notevolmente minore ma aumenta se sono assunti insieme a:
L’assorbimento di ferro è basso se assunto congiuntamente ai seguenti alimenti, che si dovrebbe cercare di non mangiare insieme agli alimenti ricchi di ferro:
Principali Integratori di Ferro
Oltre ad una sana e completa alimentazione è necessario la somministrazione di Integratori di ferro: i tipici effetti collaterali dati da questa somministrazione sono le alterazioni digestive e i disturbi associati, come crampi addominali, diarrea e pirosi gastrica.
Al fine di evitare questi spiacevoli inconvenienti, si raccomanda di iniziare la somministrazione con un dosaggio basso, che verrà aumentato gradualmente durante la terapia. Inoltre, anche se la somministrazione a digiuno sarebbe più efficace ai fini dell’assorbimento del prodotto, l’integratore viene in genere assunto insieme al pasto o subito dopo il suo termine, visti gli effetti gastro-intestinali che può provocare.
Tra questi abbiamo:
Esistono anche integratori multivitaminici, formulati con più vitamine e minerali: ad esempio Multicentrum, Supradyn, Be-Total Plus.
“La menopausa non è una malattia ma un momento fisiologico della donna che coincide con il termine del ciclo mestruale e quindi dell’età fertile verso i 45 e i 55 anni. I sintomi più frequenti sono: vampate di calore, sudorazione, palpitazioni a riposo, disturbi dell’umore, secchezza vaginale; aumenta inoltre il rischio di malattie cardiovascolari e diminuisce la densità ossea, con maggior rischio di fratture e osteoporosi.
Questo momento della vita può costituire l’occasione per prendersi più cura di se stesse, adottando stili di vita più sani
Queste indicazioni sono utili a qualsiasi età. Soprattutto in questo periodo, però, ogni donna dovrebbe seguirle scrupolosamente perché potrà averne sollievo e sicurezza.
Per quanto riguarda l’attività fisica, essa è importante perché previene e riduce i principali problemi connessi alla menopausa, ossia le vampate, migliora il tono dell’umore, le prestazioni, contrasta efficacemente la depressione migliorando l’aspetto fisico, l’estetica, le prestazioni e la fiducia in se stessi.
Inoltre la più utile a rafforzare le ossa è quella che fa muovere il corpo contro la forza di gravità: camminare, salire i gradini, fare jogging, bicicletta, cyclette, sci di fondo, ping pong, ginnastica, lavorare con i pesi, ballare. Il nuoto, se gradito, costituisce un esercizio fisico salutare e utile in tutte le età, ma non è efficace come le precedenti per contrastare l’osteoporosi.
La terapia ormonale sostitutiva può essere un valido aiuto quando i sintomi della menopausa creano disagi e possono compromettere l’attività lavorativa, le relazioni sociali e la vita di coppia. Essa è trattamento farmacologico a base di ormoni, estrogeni da soli o associati a progestinici, prodotti normalmente dall’organismo femminile, in particolare dalle ovaie sintomi caratteristici, come vampate di calore, insonnia, disturbi vaginali.
La terapia ormonale sostitutiva, nella maggior parte dei casi, aiuta le donne a eliminare sintomi, come le vampate di calore, ansia, depressione, incontinenza urinaria, i disturbi vaginali e l’insonnia.
L’indicazione generale è che la terapia ormonale sostitutiva dovrebbe durare il tempo minore possibile e andrebbe portata avanti fino a quando i malesseri della menopausa non si risolvono. Oltre il primo anno di assunzione, infatti, aumentano i rischi legati all’assunzione di ormoni, fra cui quello di trombosi venosa profonda e ictus: per questo, se i malesseri continuano oltre il primo anno di terapia, è indicato rivalutare insieme al medico la situazione.
La terapia ormonale sostitutiva è disponibile in forma di pillole, oppure come cerotti, come gel da applicare sulla pelle o come spray nasale. Nel caso in cui i sintomi consistano solo in disturbi vaginali è preferibile orientarsi verso prodotti ad uso locale. La scelta della pillola, del cerotto, del gel o dello spray o di una combinazione di pillole e cerotti o di pillole e gel deve essere fatta insieme al medico, dopo una valutazione attenta della situazione clinica generale e delle proprie particolari preferenze o esigenze.
Di fatto è ormai scientificamente e universalmente accettato che i prodotti naturali vengono meglio tollerati dall’organismo e consentono la personalizzazione dell’integrazione alimentare e sono rappresentano valide alternative alla terapia ormonale sostitutiva.
Le piante ricche di ormoni vegetali maggiormente utilizzate per il trattamento fitoterapico della menopausa sono principalmente la Soia, la Cimicifuga, il Trifoglio, ricche di fitoestrogeni, e la Dioscorea o Igname selvatico, ricco di fitoprogestinici.
I fitoestrogeni si sono rivelati utili contro i disturbi dovuti alla menopausa e le patologie ad essa correlate, come l’osteoporosi e l’ipercolesterolemia; infatti studi clinici hanno evidenziato che gli isoflavoni della Soia, inseriti nella dieta, diminuiscono la perdita della massa ossea che accompagna la menopausa, e contemporaneamente contribuiscono a ridurre il cosiddetto colesterolo cattivo, o LDL, mentre tendono a far aumentare il colesterolo buono, o HDL. Questo può contribuire a favorire la prevenzione dei danni cardiovascolari.
Il vantaggio dei fitoestrogeni, rispetto alla terapia ormonale sostitutiva di sintesi, è che non provocano gli effetti collaterali di quest’ultima. E’ importante, quando si assumono isoflavoni di Soia, far sì che la flora batterica intestinale sia efficiente, poiché le molecole degli isoflavoni sono molto grandi e devono essere scisse per essere assimilate, per mezzo delle glicosidasi, enzimi che vengono prodotti proprio dalla flora batterica intestinale; perciò è utile integrare l’assunzione di isoflavoni con fermenti lattici probiotici, che arricchiscano la flora batterica intestinale: si otterrà in questo modo una miglior assimilazione dei principi attivi e quindi una loro migliore efficacia, oltre ad evitare fenomeni di gonfiori intestinali.
“Gli effetti benefici del trattamento naturale si rendono evidenti dopo circa tre-quattro settimane (anche la terapia ormonale sostitutiva di sintesi richiede un tale intervallo di tempo, poiché l’organismo deve raggiungere un certo livello di ormoni per sentirne gli effetti) e l’assunzione va protratta per un periodo adeguato”.
Un’altra pianta molto importante per il trattamento dei disturbi della menopausa è l’Igname selvatico (Dioscorea villosa o Wild Yam), che appartiene alla famiglia delle Dioscoreacee; è una pianta erbacea rampicante, di cui si utilizza soprattutto la specie messicana, che è la più ricca di composti ormono-simili. L’Igname contiene in particolare la diosgenina, sostanza naturale simile agli ormoni umani che, essendo il precursore biologico del progesterone, è in grado di normalizzare il rapporto estrogeno-progesterone, funzione quindi importantissima per mantenere l’esatto equilibrio ormonale femminile, per cui è indicata sia per i disturbi della menopausa che per le sindromi premestruali.
Per quanto riguarda la menopausa contribuisce a combatterne i sintomi tipici come vampate, stanchezza, secchezza delle mucose vaginali e maggior predisposizione alle infezioni vaginali e urinarie. Da alcuni studi effettuati, pare che abbia influenza anche nel ridurre il consolidamento delle fratture con incremento di densità ossea, e che riduca la perdita ossea in menopausa, cosa che, se confermata, rende ottimisti per l’uso di questa pianta anche per la prevenzione dell’osteoporosi.
In associazione a queste piante tipiche per la menopausa, è bene assumerne anche altre che agiscano soprattutto a livello dell’ansia, dell’insonnia e della leggera depressione che talvolta si avverte, come il Biancospino, la Melissa, la Passiflora, l’Iperico. Anche la Melatonina, un ormone naturale che regola l’equilibrio fra il sonno e la veglia, è molto utile, associata a piante rilassanti, per indurre il sonno in caso di insonnia.
Sarebbe bene prevedere anche un’integrazione di sali minerali, quali calcio, zinco, magnesio, boro, fluoro e di vitamine, soprattutto la vitamina D che facilita l’assimilazione del calcio, così importante per prevenire l’osteoporosi.
“Tutto ciò che abbiamo detto può servire ad affrontare al meglio la menopausa, e vivere così una seconda giovinezza il più possibile serena e spensierata”.
La cistite è una fastidiosa infiammazione(flogosi) della mucosa vescicale. Colpisce prevalentemente il sesso femminile e spesso si accompagna ad un bisogno continuo e doloroso di urinare.
La cistite insorge talvolta senza sintomi o cause evidenti, altre volte è secondaria a pratiche anticoncezionali o a rapporti sessuali. L’infiammazione è causata da batteri che popolano l’ultimo tratto dell’intestino, fra cui in prima linea il colibacillo, o da altri patogeni. Tali germi possono raggiungere la vescica dall’esterno, passando attraverso l’uretra, o dall’interno per propagazione da organi vicini, o ancora per via ematica.
Come rappresentato in figura, l’uretra femminile è più breve di quella maschile. Tale caratteristica, associata all’assenza dell’effetto battericida delle secrezioni prostastiche e ad altre peculiarità anatomiche sfavorevoli, come il sito d’apertura più facilmente raggiungibile dai microrganismi fecali, aumenta la suscettibilità femminile alla cistite. Durante l’atto minzionale si può verificare una risalita dei germi in quanto, mentre nella fase iniziale all’apertura del collo vescicale segue quella dell’uretra in senso prossimo-distale, al termine della minzione l’uretra si chiude in senso inverso, agevolando l’ingresso dei germi in vescica attraverso un reflusso uretro-vescicale. Giunti in vescica i germi possono moltiplicarsi in modo esponenziale e produrre l’infiammazione della mucosa nota come cistite.
Si calcola che una percentuale di donne compresa tra il 10 ed il 20% soffrirà, almeno una volta nel corso della sua vita, di un’infezione del tratto urinario.
“La cistite è una fastidiosa infiammazione(flogosi) della mucosa vescicale. Colpisce prevalentemente il sesso femminile e spesso si accompagna ad un bisogno continuo e doloroso di urinare. La cistite insorge talvolta senza sintomi o cause evidenti, altre volte è secondaria a pratiche anticoncezionali o a rapporti sessuali”
L’infiammazione è causata da batteri che popolano l’ultimo tratto dell’intestino, fra cui in prima linea il colibacillo, o da altri patogeni. Tali germi possono raggiungere la vescica dall’esterno, passando attraverso l’uretra, o dall’interno per propagazione da organi vicini, o ancora per via ematica.
Apparato Urinario
Come rappresentato in figura, l’uretra femminile è più breve di quella maschile. Tale caratteristica, associata all’assenza dell’effetto battericida delle secrezioni prostatiche e ad altre peculiarità anatomiche sfavorevoli, come il sito d’apertura più facilmente raggiungibile dai microrganismi fecali, aumenta la suscettibilità femminile alla cistite.
Durante l’atto minzionale si può verificare una risalita dei germi in quanto, mentre nella fase iniziale all’apertura del collo vescicale segue quella dell’uretra in senso prossimo-distale, al termine della minzione l’uretra si chiude in senso inverso, agevolando l’ingresso dei germi in vescica attraverso un reflusso uretro-vescicale. Giunti in vescica i germi possono moltiplicarsi in modo esponenziale e produrre l’infiammazione della mucosa nota come cistite.
Si calcola che una percentuale di donne compresa tra il 10 ed il 20% soffrirà, almeno una volta nel corso della sua vita, di un’infezione del tratto urinario.
L’incidenza della cistite aumenta notevolmente con l’avanzare dell’età, si stima infatti che circa il 20-50% delle donne over 60 soffra di tale disturbo. La causa va ricercata in alcuni problemi legati alla menopausa, come la carenza estrogenica e le dislocazioni degli organi pelvici. Nell’uomo, senza anomalie anatomiche alle vie urinarie, la cistite si associa spesso a prostatite batterica. Anche per il sesso maschile l’incidenza di cistiti, soprattutto quelle dovute a fenomeni ostruttivi, aumenta nell’età avanzata.
Il processo infiammatorio a carico della vescica può essere acuto, subacuto o cronico. L’infezione può infatti risolversi dopo un solo episodio, oppure, specie quando viene trascurata, ripresentarsi e cronicizzare. In questi casi il processo infettivo può estendersi pericolosamente alle vie genitali o alle alte vie urinarie.
Sul piano clinico la cistite è caratterizzata dai seguenti sintomi irritativi:
In genere, la cistite acuta e non complicata, non causa febbre, quando la temperatura sale notevolmente è possibile che l’infezione si sia propagata alle alte vie urinarie. La sintomatologia della cistite cronica è simile a quella della cistite acuta ma caratterizzata da sintomi più lievi.
La vescica ha una notevole resistenza alle infezioni ed in condizioni normali l’urina che contiene è sterile. Esistono tuttavia particolari condizioni che rendono l’organismo più suscettibile all’attacco batterico. Questi microrganismi possono raggiungere la vescica per via ascendente (risalita lungo l’uretra dopo emissione con le feci), discendente (discesa dal rene) o ematica.
La cistite può quindi manifestarsi per la presenza di numerose condizioni predisponenti: debilitazione del sistema immunitario in seguito a terapia antibiotica; alimentazione irregolare o stress eccessivo; affaticamento fisico o mentale;
Terapia Farmacologica: Farmaci e cura
Oltre ad intraprendere una terapia farmacologica per la cura della cistite, è doveroso seguire una serie di norme igieniche-comportamentali utili per velocizzare la guarigione e prevenire le ricadute:
Assumere molta acqua per diluire la carica batterica responsabile della cistite; l’igiene intima è sempre indispensabile (soprattutto durante le mestruazioni e dopo il rapporto sessuale); Evitare alimenti irritanti le vie urinarie (alcolici, caffè, cioccolato, peperoncino, spezie)
Tra i farmaci più importanti si ricordano:
1) Antidolorifici/antispastici, in grado di ridurre la contrazione spastica della muscolatura liscia:
Fenazopiridina (es. Uricalm): il farmaco è indicato in caso di cistite per alleviare la sintomatologia dolorosa e diminuire lo stimolo di urinare. Si raccomanda la somministrazione di 190-200 mg di principio attivo per os, tre volte al dì dopo i pasti. È bene interrompere la terapia dopo due giorni in caso di assunzione concomitante ad un antibatterico;
Scopolamina butilbromuro (es. Buscopan, Addofix, Erion): indicato per rilassare la muscolatura liscia del tratto genitourinario. Si raccomanda la somministrazione di 1-2 compresse da 10 mg 3 volte al dì per adulti e ragazzi di età superiore ai 14 anni;
Floroglucina biidrata (es. Spasmex): è un farmaco spasmolitico indicato per i disturbi della funzionalità uro-genitale; in particolare, è consigliato per le donne affette da cistite interstiziale. La somministrazione è di 6 compresse al dì, oppure di 3 supposte al dì, garantisce un buon effetto anticolinergico ed antispastico nei confronti della muscolatura liscia dell’apparato genito-urinario.
2) Antibiotici: il farmaco deve essere scelto in funzione della sensibilità locale agli antibiotici:
Come trattamento di seconda scelta, è possibile anche effettuare l’alcalinizzazione o l’acidificazione delle urine, a seconda del paziente:
L’alcalinizzazione delle urine è utile per alleviare la sintomatologia dolorosa della cistite e delle infezioni alle vie urinarie in genere. Ad esempio, il sodio bicarbonato (viene utilizzato come sostanza alcalinizzante per il trattamento di patologie renali e genito-urinarie. Si consiglia la somministrazione di 3 grammi di sodio carbonato sciolto in acqua; ripetere la somministrazione ogni 2 ore o comunque fino a quando il pH raggiunge il valore 7.
Terapia di mantenimento: assumere 5-10 grammi al dì per mantenere l’alcalinizzazione delle urine. L’alcalinizzazione delle urine sembra favorire l’azione di alcune sostanze (es. uva ursina), attivabili esclusivamente in ambiente basico.
Lacidificazione delle urine viene consigliata generalmente nella fase acuta della cistite: non a caso, l’acidità sembra garantire una significativa protezione dalle infezioni batteriche urinarie. Tra le sostanze indicate a tale scopo, si ricorda l’ammonio cloruro, la cui posologia deve essere prescritta dal medico (effetti collaterali: acidosi, ipocalcemia, vomito).
Estrogeni naturali o di sintesi (consigliati esclusivamente in caso di cistite cronica dopo la menopausa): si è osservato che la carenza estrogenica può favorire la comparsa di cistite. La scelta del farmaco e la posologia più indicata per la paziente devono essere stabiliti dal medico.
Anche la fitoterapia può essere un valido aiuto per alleggerire la sintomatologia della cistite: le sostanze naturali diuretiche sono in grado di aumentare l’espulsione di urina, favorendo pertanto l’eliminazione di scorie.
Uva ursina: antimicrobico/disinfettante delle vie urinarie, droga naturale d’elezione per il trattamento della cistite.
Anche carciofo, cetriolo, finocchio, sedano, tarassaco espletano una buona azione diuretica, valido ausilio per coadiuvare il trattamento della cistite.
Per velocizzare la guarigione, si consiglia di assumere tisane formulate con principi attivi estratti da piante ad azione diuretica e/o disinfettante delle vie urinarie:
Rivolgiti sempre con fiducia al tuo medico curante o allo specialista prima di intraprendere una cura farmacologica!
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Via Petrellosa, 27 - 84013 - Cava de' Tirreni (SA)