Quando un virus si replica o crea copie di se stesso a volte cambia leggermente. Questi cambiamenti sono chiamati “mutazioni”. Un virus con una o più nuove mutazioni viene indicato come una “variante” del virus originale.
Finora sono state identificate in tutto il mondo centinaia di varianti di questo virus.
L’OMS e la sua rete internazionale di esperti monitorano costantemente le modifiche in modo che, se vengono identificate mutazioni significative, l’OMS può segnalare ai Paesi eventuali interventi da mettere in atto per prevenire la diffusione di quella variante.
(Variante VOC 202012/01, nota anche come B.1.1.7) identificata per la prima volta nel Regno Unito. Questa variante ha dimostrato di avere una maggiore trasmissibilità rispetto alle varianti circolanti in precedenza. La maggiore trasmissibilità di questa variante si traduce in un maggior numero assoluto di infezioni, determinando, così, anche un aumento del numero di casi gravi.
(Variante 501Y.V2, nota anche come B.1.351) identificata in Sud Africa.
Dati preliminari indicano che, nonostante non sembri caratterizzata da una maggiore trasmissibilità, questa variante potrebbe indurre un parziale effetto di “immune escape” nei confronti di alcuni anticorpi monoclonali. Siccome potenzialmente questo effetto potrebbe interessare anche l’efficacia degli anticorpi indotti dai vaccini tale variante viene monitorata con attenzione.
(Variante P.1) con origine in Brasile.
Gli studi hanno dimostrato una potenziale maggiore trasmissibilità e un possibile rischio di reinfezione. Non sono disponibili evidenze sulla maggiore gravità della malattia.
(Variante VUI-21APR-01, nota anche come B.1.617) rilevata per la prima volta in India.
Include una serie di mutazioni tra cui E484Q, L452R e P681R, la variante Delta è caratterizzata da una trasmissibilità dal 40 al 60% più elevata rispetto alla variante Alfa, ed è associata ad un rischio relativamente più elevato di infezione in soggetti non vaccinati o parzialmente vaccinati.
Sono in corso approfondimenti di ricerca, in collaborazione con i partner internazionali, per capire meglio l’impatto delle mutazioni sul comportamento del virus e per garantire che vengano presi tutti gli interventi di salute pubblica appropriati.
Link di approfondimento salute.gov.it
ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’
Corso Umberto I, 395
84013 – Cava de’ Tirreni (SA)
Prenotazione: 089 464403 – lab.minerva@libero.it
di Dott.ssa Valentina di Giovanni
L’infertilità è definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come l’incapacità di raggiungere una gravidanza clinica dopo 12 mesi o più di rapporti liberi. Si stima che il problema interessi circa il 15-20% delle coppie nel mondo e che almeno il 20% delle gravidanze si interrompa dopo l’impianto. La sub-fertilità può essere attribuita alla donna, all’uomo o a entrambi.
Sia nell’infertilità femminile che in quella maschile i fattori predisponenti possono essere diversi, anatomici o patologici. tuttavia anche gli stili di vita influiscono sulla fertilità: in particolare fumo, alcol, droghe, attività fisiche ed alimentazione.
Numerosi studi sono stati condotti negli ultimi anni sul ruolo della dieta nell’infertilità sia maschile sia femminile. Il nostro obiettivo è di identificare i fattori dietetici che possono influenzare la fecondità umana e di proporre raccomandazioni dietologiche per le coppie che ricercano la gravidanza.
Molti studi in varie aree del mondo supportano l’evidenza che una dieta sana ed equilibrata si associa a un migliore benessere generale e a un minor tempo per raggiungere il concepimento.
Le coppie che cercano una gravidanza devono essere incoraggiate a seguire una “dieta per la fertilità” aumentando il consumo di cereali integrali, frutta, frutta secca, verdura, pesce, olio di oliva e riducendo il consumo di acidi grassi saturi e carne rossa. È inoltre consigliabile la supplementazione con antiossidanti, acido folico, vitamina B12 e zinco.
Presso il nostro studio è possibile intraprendere un percorso personalizzato dedicato. Contattaci per ulteriori informazioni o per prenotare un consulto.
Dott.ssa Valentina di Giovanni – Biologa Nutrizionista ed Embriologa
Dott.ssa Valentina di Giovanni
Il topinambur è il tubero della pianta Helianthus tuberosus L., noto anche come carciofo di Gerusalemme. Favorendo lo sviluppo di batteri utili svolge un’ azione probiotica e rafforza quindi l’attività immunostimolante.
Il topinambur, pur presentandosi come un tubero, è un alimento ipocalorico (circa 30 kcal per 100g di alimento fresco) poiché contiene per l’80% acqua oltre ad avere frutto-oligosaccaridi (unità di fruttosio terminanti con glucosio) come l’inulina (circa il 10% del peso fresco ma comunque in proporzione variabile a seconda del periodo), che conferiscono al topinambur un potere calorico inferiore rispetto a quello delle patate.
Proprio grazie al suo contenuto di glucidi, composti quasi esclusivamente dal polisaccaride inulina, è adatto, per via del minore carico glicemico prodotto rispetto ad altri tuberi, nei regimi ipocalorici degli obesi e dei diabetici. Inoltre, particolarmente importante è la presenza d’inulina nel determinare e favorire lo sviluppo dei bifidobatteri e quindi nel rafforzare l’attività immunostimolante e avere azione lassativa. A causa della particolare composizione nutritiva, il topinambur è apprezzato per diverse proprietà tra cui quella di ridurre i valori di colesterolo, regolarizzare l’attività intestinale, stabilizzare i valori del glucosio nel sangue (glicemia) e dell’acido urico.
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La dieta è importante ma bisogna fare attenzione a non cadere nei luoghi comuni, ribadendo l’importanza per la salute e la cura efficace dei calcoli renali, di evitare diete fai da te.
È bene sapere che l’alimentazione ha un effetto diretto sulla composizione delle urine e conseguentemente sul rischio di ciascun individuo di sviluppare calcoli renali.
La dieta può in effetti essere utilizzata per ridurre il rischio di formare calcoli, tuttavia poiché anche a parità di alimentazione il metabolismo di ciascun individuo può portare a risultati molto diversi è fondamentale che ciascuna dieta venga adeguatamente personalizzata, preferibilmente dopo un completo ed accurato studio metabolico.
Esistono numerosi luoghi comuni sull’effetto della dieta sulla calcolosi, il più pericoloso considera sempre appropriata una riduzione dell’apporto di calcio alimentari in chi è affetto da calcolosi calcica.
Questo è nella maggior parte casi non solo inutile ma capace di aggravare irrimediabilmente la situazione.
Per aiutarsi con l’alimentazione è necessario in primo luogo scoprire quale sia il tipo di calcoli da cui si è affetti e per quali motivi.
In seguito lo specialista potrà comporre la migliore dieta.
Per assistenza ed approfondimenti chiama il NUMERO VERDE 800.090.121
La nefrolitiasi, o calcolosi renale, è caratterizzata dalla formazione di calcoli urinari.
In Lithocenter® usiamo test diagnostici altamente specializzati grazie ai quali la nostra equipe può determinare l’eventuale difetto metabolico che causa la formazione dei calcoli.
La confezione contiene:
Il giorno della raccolta scartare la prima minzione mattutina. Prendere nota dell’orario (ad esempio per ore 8).
Da questo momento in poi, nelle 24 ore successive, raccogliere ogni minzione nel bicchiere graduato. La raccolta terminerà alla stessa ora del giorno seguente.
Ad ogni minzione dividere l’urina, metà nella tanica A (etichetta blu) e metà nella tanica B (etichetta gialla).
Attenzione! Non lavare o svuotare le taniche prima del loro utilizzo in quanto contengono i reagenti necessari alle analisi!
Tra una minzione e l’altra conservare le taniche in un luogo asciutto!
Passate le 24 ore e quindi terminata la raccolta, scuotere le taniche al fine di miscelare i liquidi. Compilare la scheda anamnestica allegata alla confezione indicando la quantità di urina rilevata dalla lettura delle due taniche A e B. (quantità espressa in ml)
Indicare sulle provette corrispondenti alle taniche la quantità di urina dei contenitori.
Riempire le provette (fino a 40ml) utilizzando il tappo di apertura posto al lato della tanica.
Dopo aver raccolto l’urina delle 24 ore, rimanere digiuno per almeno 2 ore e poi raccogliere la minzione successiva nella provetta con etichetta verde.
Chiudere le tre provette ed inserirle nella busta ermetica.
Attenzione, all’interno della busta è contenuta una “fascia tampone” per assorbire eventuali fuoriuscite durante il trasporto.
Chiudere la busta ed inserirla nella sagoma A di polistirolo. Inserire le provette.
Una volta creata la scatola di polistirolo inserire questa ultima nella scatola di rispedizione del campione.
Attenzione. Non dimenticate di inserire la documentazione ricevuta!
Attenzione. Non rimuovere dalla scatola di spedizione la lettera di vettura!
Per concordare il ritiro della spedizione chiamare il numero verde 800090121 dal Lunedì al Venerdì dalle 9 alle 17:30.
In attesa del corriere conservare la confezione in un luogo fresco ed asciutto.
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Il nostro corpo è formato da circa il 60% di acqua, una percentuale che, con l’avanzare dell’età, diminuisce gradualmente. Inoltre, ogni funzione del nostro organismo ha bisogno di acqua, e queste due affermazioni chiariscono già quanto sia importante mantenersi adeguatamente idratati durante il giorno.
La quantità d’acqua consigliata da assumere giornalmente è di circa un 1,5 litri. In realtà, dipende da quello che facciamo, dalla stagione in cui ci troviamo e dalla fase della vita in cui ci troviamo. Ad esempio se fossimo degli sportivi, il nostro incremento di acqua dovrebbe essere maggiore. Stessa cosa nel caso di lavori pesanti che ci portano a una sudorazione eccessiva.
Durante la stagione estiva si tende a sudare di più, di conseguenza anche in questo caso il consumo di acqua dovrebbe aumentare.
I bambini, le donne in gravidanza e gli anziani sono quei soggetti in cui l’idratazione diventa fondamentale.
Spesso beviamo abbastanza. La cattiva tendenza a non bere è data sia dall’abitudine a non farlo. A volte, infatti, non basta introdurre meno acqua per far scattare lo stimolo della sete.
Per riuscire ad avere una corretta idratazione è utile tenere sempre a portata di mano una bottiglietta con dell’acqua, e bere a piccoli sorsi ma spesso durante tutto l’arco della giornata.
Ad esempio, quando usciamo di casa è utile portare sempre con noi una bottiglietta di acqua.
In estate, invece, oltre che con la frutta viene per integrare i liquidi si possono preparare delle fresche acque aromatizzate con l’aiuto di limone, menta e/o della frutta stessa.
L’ acqua è essenziale ai fini di un adeguato funzionamento del nostro organismo. In ogni processo biochimico vi è un richiamo e una richiesta di acqua.
L’acqua che ingeriamo viene distribuita principalmente al cervello, poi al sangue, ai muscoli, alla cute, al tessuto connettivo e, infine, alle ossa.
Durante un percorso alimentare, il nutrizionista, deve inserire nella dieta redatta al paziente, un adeguato apporto di liquidi e di acqua.
Presso il mio studio professionale, effettuiamo ai pazienti la bioimpedenziometria, esame che, fra le diverse cose, ci permetti anche di capire i valori di idratazione dei tessuti.
Per approfondimenti o appuntamenti scrivici a farmaebenessere@libero.it
Dott.ssa Valentina di Giovanni – Nutrizionista
Fortunatamente, l’organismo umano ha una potente arma a disposizione contro queste minacce: il sistema immunitario.
Per questo per proteggere la tua salute è fondamentale che tu ti prenda cura delle tue difese immunitarie.
Lo stile di vita è un potente strumento per aumentarle. Infatti sia l’alimentazione sia l’attività fisica possono migliorare le armi naturali che l’organismo ha a disposizione contro le malattie.
Sicuramente hai già sentito parlare di vitamina C e di Vitamina D utili per aumentare la forza del nostro sistema immunitario e prevenire le infezioni.
La cosiddetta “flora intestinale” (o “microbiota intestinale”) è l’insieme dei microbi che vivono nel tuo intestino.
Il microbiota intestinale è fondamentale per lo sviluppo del sistema immunitario sin dalla nascita.
Il microbiota agisce come uno scudo contro microbi pericolosi che potrebbero colonizzare il tuo apparato digerente. Infine, partecipa alla produzione di molecole che regolano le risposte immunitarie.
Le alterazioni della flora intestinale (note come “disbiosi”) sono associate a diverse patologie caratterizzate dalla presenza di infiammazione.
I probiotici sono batteri vivi (lattobacilli e bifidobatteri) che possono essere assunti sotto forma di alimenti fermentati o integratori alimentari per rifornire l’intestino di microrganismi associati a proprietà favorevoli, mentre i prebiotici sono sostanze che aumentano la crescita o l’attività dei batteri “buoni”. I simbiotici forniscono insieme probiotici e prebiotici.
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Il microbiota è l’insieme degli organismi probiotici che colonizzano il tratto gastrointestinale. Si stima che tra i 150gr e 1,5kg di batteri e lieviti, viva in simbiosi con il nostro organismo vivendo in un equilibrio detto EUBIOSI.
Secondo recenti stime, tutto il nostro corpo, tranne il cervello e il sistema circolatorio, ospita un totale di circa 38.000 miliardi di batteri!
Il microbioma rappresenta il patrimonio genetico degli organismi che costituiscono il microbiota intestinale.
Tali geni codificano per alcune molecole che il corpo non riesce a produrre autonomamente.
I numeri lasciano stupiti: Il 99% della nostra componente genetica deriva dai batteri, come se fosse un secondo genoma.
Questo ci permette di considerare il microbiota come un organo endocrino aggiuntivo che fornisce un ampio numero di composti fondamentali al funzionamento del nostro organismo.
Il microbiota vive in uno stato di equilibrio detto EUBIOSI in cui quel particolare microbioma produce metaboliti necessari al corpo umano e ha effetti positivi sulla salute umana.
Stress, fumo, alcool, terapie farmacologiche possono alterare questo equilibrio e portare ad uno stato di DISBIOSI nel quale non solo viene meno la codifica genetica delle molecole utili, ma vengono in parte metabolizzati composti dannosi da parte dei microrganismi patogeni, anch’essi parte del microbiota.
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Il cavolfiore (Brassica oleracea L. var. botrytis) è una varietà di Brassica oleracea. È caratterizzato da un’infiorescenza, detta testa o palla, costituita da numerosi peduncoli fiorali, molto ingrossati e variamente costipati.
L’infiorescenza a corimbo, che può assumere una varia colorazione (bianca, paglierina, verde, violetta), costituisce la parte commestibile dell’ortaggio.
Sono una verdura tipica della stagione fredda. Grazie al limitato contenuto calorico e all’elevato potere saziante, i cavolfiori sono perfetti anche per chi segue una dieta dimagrante. 100 g di cavolfiore bollito contengono 40 kcal / 167 kj. Essendo ortaggi delicati, e dunque facilmente deperibili, è consigliabile consumarli freschissimi, anche per poter beneficiare pienamente delle loro proprietà.
I cavolfiori sono ricchi di minerali e vitamine, in particolare vitamina C. Sono, inoltre, alimenti antiossidanti e antinfiammatori. Contengono anche potassio, calcio, fosforo, ferro, acido folico, nonché principi attivi anticancro, antibatterici, antinfiammatori, antiossidanti, antiscorbuto. Sono depurativi, rimineralizzanti e favoriscono la rigenerazione dei tessuti.
Il cavolfiore è particolarmente indicato in caso di diabete perché le sue proprietà contribuiscono a controllare i livelli di zuccheri nel sangue. Secondo alcuni studi americani il cavolfiore aiuta a prevenire il cancro al colon e l’ulcera e cura l’anemia. Broccoli e cavolfiori, secondo recenti ricerche scientifiche, sarebbero efficaci nella prevenzione del cancro alla prostata.
Uno studio, condotto dal National Cancer Institute di Bethesda, nel Maryland, e pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute, ha evidenziato che chi segue un’alimentazione ricca di cavoletti di Bruxelles, cavolfiori, broccoli e cavoli presenta il 49% di possibilità in meno di ammalarsi. Questo sarebbe dovuto alla presenza di antiossidanti (flavoni) e indoli, in grado di contrastare l’azione degenerativa dei radicali liberi.
Per evitare l’insorgere di intolleranze alimentari durante l’età adulta sarebbe opportuno incoraggiare il consumo di cavolfiore fin dall’infanzia.
In ogni caso, anche se non presentano particolari controindicazioni, tutti gli ortaggi appartenenti alla famiglia delle crocifere interferiscono sull’assorbimento dello iodio, e quindi ne è sconsigliato un consumo esagerato, soprattutto per chi soffre di problemi legati alla tiroide, poiché può provocare gonfiore e diarrea. Inoltre, i cavolfiori contengono sostanze aromatiche che ne sconsigliano il consumo in fase di allattamento, in quanto fanno assumere al latte un sapore troppo intenso.
Dott.ssa Valentina di Giovanni
Biologa Nutrizionista
Fonte: il vescovado
l limone (Citrus limon (L.) Osbeck) è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Rutaceae. Il nome comune limone si può riferire tanto alla pianta quanto al suo frutto.
Sebbene le origini del limone siano incerte, si pensa che i primi luoghi in cui sia cresciuto siano la Cina, dove veniva coltivato già prima della dinastia Song (960-1279 d.C.), la regione indiana dell’Assam e il nord della Birmania. Secondo alcuni studiosi, gli antichi romani conoscevano già i limoni.
In Europa la prima coltivazione di limoni è stata avviata in Sicilia, dopo il X secolo e più tardi a Genova (a metà del XV secolo). I limoni compaiono nelle Azzorre nello stesso periodo, nel 1493, ad opera Cristoforo Colombo, che li portò fino all’isola di Hispaniola.
In Costiera Amalfitana il limone è considerato un alimento IGP.
Il limone ha una proprietà particolare, la sua pianta fiorisce in continuazione. Si ha così la possibilità di vedere in una pianta di limoni fiori, frutti acerbi e maturi contemporaneamente.
Il limone è un agrume dalle mille proprietà nutritive: ha poche calorie, circa 29 kcal per 100 grammi, e una quota insignificante di grassi. E’ costituito per la maggior parte da acqua, ed ha un basso indice glicemico. Il minerale più abbondante nel limone è il potassio mentre tra le vitamine sicuramente la vitamina C è quella presente in maggiori quantità. Ci sono anche sostanze ad azione antiossidante quali beta-carotene, criptoxantina, luteina e zeaxantina.
Altre sostanze che conferiscono al limone particolari proprietà sono l’acido citrico, il limonene e i pineni, questi ultimi due contenuti nell’olio essenziale di limone e nella buccia. Grazie alle sue numerose proprietà, viene largamente utilizzato a scopi terapeutici.
L’alto contenuto di vitamina C gli conferisce proprietà antiossidanti, prevenendo l’invecchiamento cellulare contrastando i danni ossidativi provocati dai radicali liberi. Questo effetto si esplica anche a livello cutaneo, svolgendo un’azione antiage, favorisce la digestione poiché stimola la produzione dei succhi gastrici responsabili del processo digestivo, depura l’organismo ed è in grado di favorire l’eliminazione di scorie e tossine accumulate nell’organismo. Inoltre contrasta la formazione dei calcoli mediante l’acido citrico.
È un antibatterico e abbassa i livelli di colesterolo. Uno studio effettuato su topi con colesterolo alto indotto dalla dieta, ha dimostrato come la somministrazione per 15 giorni di succo di limone liofilizzato abbia prodotto una riduzione dei livelli di colesterolo cattivo, e un aumento sul colesterolo buono.
La presenza di vitamina C, inoltre, contrasta l’ossidazione del colesterolo nelle arterie, evitando dunque l’instaurarsi della patologia dell’arteriosclerosi. Infine grazie al contenuto di vitamina C si ha un aumento delle difese immunitarie.
Negli ultimi anni si è appurata l’importanza del limone nel processo di tumorogenesi, e numerosi studi hanno dimostrato che il limone, ma più in particolare la buccia, ha un ruolo antitumorale.
Questo grazie ai flavonoidi, presenti ad alte concentrazioni, e ai limonoidi (che si ritrovano soprattutto nella buccia e che contribuiscono a fornire il tipico sapore agro), molecole con notevoli proprietà antiossidanti, capaci di contrastare l’azione dei radicali liberi, che possono alterare la struttura delle membrane cellulari e del materiale genetico (Dna) e quindi aprire la strada ai processi di formazione della neoplasia. Si è scoperto, inoltre, che la pectina degli agrumi contenuta sia nella polpa che nella scorza, è in grado di inibire la diffusione del cancro alla prostata, mammella e alla pelle. Il limone contiene 22 composti anti-cancro, tra cui limonene, pectina, glicosidi cardiaci, flavonoidi che interrompono la divisione cellulare nelle cellule tumorali.
Uno studio pubblicato sul Current Cancer Drug Targets, afferma che i flavonoidi del limone hanno il potere di rallentare il processo di duplicazione delle cellule tumorali grazie ad una efficace azione antiproliferativa. È necessario, dunque, introdurre l’uso di limone in un corretto stile alimentare.
Dott.ssa Valentina di Giovanni – Biologa Nutrizionista
Fonte: Il Vescovado
Associazione Farma e Benessere
Via Petrellosa, 27 - 84013 - Cava de' Tirreni (SA)