Cari amici nell’ambito delle attività del Centro per i servizi del volontariato Sodalis ETS – CSV Salerno – LABORATORI DI CITTADINANZA abbiamo realizzato uno sportello digitale informativo sanitario.
Vi invitiamo a salvare in rubrica il numero Whatsapp attivo come servizio di consulenza gratuita e prenotazione delle attività.
Contatto: 3792225761
Domenica 4 Dicembre alle ore 10.00, l’ Associazione “FARMA E BENESSERE”, in collaborazione con AGIFAR SALERNO terrà un INCONTRO presso la sede dell’ ORDINE DEI FARMACISTI DI SALERNO, sito a Salerno il in via Settimio Mobilio, Salerno, dal titolo “MICROBIOTA, IBS E PATOLOGIE GASTROINTESTINALI”.
Per potersi iscrivere, è necessario inviare una e-mail/messaggio all’indirizzo reame.segreteria@gmail.com oppure al numero Whatsapp 3807489458, indicando: NOME, COGNOME E QUALIFICA.
La partecipazione a questo incontro ed al Convegno del 29 Gennaio darà diritto ad 8 crediti ECM residenziali per il 2023.
PROGRAMMA E FACULTY
Intervista al dr. Mariano Sica medico specialista in Gastroenterologia ed Epatologia presso il polo ospedaliero G. Fucito di Mercato San Severino, afferente all’ Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona, con l’incarico di base per la patologia bilio-pancreatica e di endoscopia operativa (Ecoendoscopia e ERCP).
Tra i disturbi gastrointestinali la malattia da reflusso gastroesofageo, insieme alla sindrome del colon irritabile (dolori addominali associati a turbe dell’alvo, dopo esclusione di patologie organiche), la stipsi cronica e la dispepsia funzionale (digestione lenta, epigastralgia) è tra le condizioni con la più alta prevalenza.
In particolar modo la malattia da reflusso gastro-esofageo è presente con una frequenza che varia dall’8 al 33% nel mondo occidentale e coinvolge tutte le fasce d’età ed entrambi i sessi. La malattia ha un andamento cronico recidivante. Solo una minoranza dei pazienti con sintomi più frequenti o persistenti si rivolge al medico. La maggior parte dei pazienti, invece, presenta sintomi intermittenti e spesso non consulta un medico, ma assume spontaneamente farmaci sintomatici. Fattori di rischio importanti sono: l’obesità, il fumo, il consumo di alcolici e i pasti grassi.
Il reflusso gastroesofageo, è la fisiologica risalita del contenuto acido dello stomaco verso l’alto in esofago, La quantità di acido che risale nell’esofago, però, di solito dopo i pasti è limitata e non arreca danni o disturbi. Tuttavia, quando diviene troppo intenso e frequente provoca tutta una serie di disturbi configurandosi nella malattia da reflusso gastroesofageo.
Anatomicamente esofago e stomaco sono collegati da una “valvola” chiamata sfintere esofageo inferiore (LES) o cardias, la cui chiusura impedisce che il contenuto dello stomaco acido per la presenza dei succhi gastrici risalga nell’esofago. Quando il LES non funziona bene perché beante, incontinente o per la presenza di un’ernia jatale (risalita dello stomaco sopra il diaframma, quindi malfunzionamento della valvola) l’acido risale arrecando sintomi fastidiosi e talora l’infiammazione dell’esofago (esofagite).
Il paziente lamenterà bruciore retrosternale e rigurgito (risalita di cibo acido), ma anche sintomi non tipici come dolore al petto, tosse stizzosa, mal di gola, alterazioni del tono della voce (raucedine e disfonia).
Solitamente la diagnosi è clinica dettata dai sintomi, ma in presenza di segni e sintomi d’allarme (calo ponderale, disfagia, anemia, familiarità per tumore) o in caso di inefficacia della terapia farmacologica ottimizzata (per dosaggio e durata) è mandatoria la gastroscopia.
Una prima arma terapeutica è la modifica dello stile di vita: l’ educazione alimentare, corrette abitudini alimentari, non abusare di cibi reflussogeni (grassi, alcolici, cioccolato, caffè), attività fisica, calo ponderale, una corretta igiene del sonno, evitare di assumere la posizione supina subito dolo il pasto e lasciar trascorrere almeno 3 ore prima di coricarsi, alzare un po’ la testata del letto rispetto ai piedi.
Tra i farmaci per il reflusso e tra i più prescritti In Italia vi sono gli inibitori di pompa protonica che riducono la produzione di secrezioni acide nello stomaco. Sono farmaci che richiedono prescrizione medica. Questi farmaci vanno presi a digiuno almeno 30 minuti prima di colazione per almeno 4-8 settimane a seconda del parere medico. E’ preferibile fare questa terapia ciclicamente ripetendola nei periodi di maggiore riacutizzazione dei sintomi ( al cambio di stagione), piuttosto che cronicamente per lunghi periodi di tempo.
Altri farmaci che non richiedono prescrizione medica sono gli antiacidi che tamponano l’acidità gastrica e vengono utilizzati al bisogno. Gli antiacidi vanno assunti almeno 30 minuti dopo i pasti e la sera prima di andare a letto.
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Si tratta di un’infezione zoonotica (trasmessa dagli animali all’uomo) causata da un virus della stessa famiglia del vaiolo (monkeypox virus) ma che si differenzia da questo per la minore trasmissibilità e gravità della malattia che provoca. Il nome deriva dalla prima identificazione del virus, scoperto nelle scimmie in un laboratorio danese nel 1958. È diffuso in particolare tra primati e piccoli roditori, prevalentemente in Africa.
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Nelle aree endemiche è trasmesso all’uomo attraverso un morso o il contatto diretto con il sangue, la carne, i fluidi corporei o le lesioni cutanee di un animale infetto.
Il virus è stato identificato per la prima volta come patogeno umano nel 1970 nella Repubblica Democratica del Congo. Dalla sua scoperta, casi umani sono stati riportati in diversi paesi africani. . Attualmente la malattia è endemica in Benin, Camerun, Repubblica Centro Africana, Repubblica Democratica del Congo, Gabon, Gana (solo casi in animali), Costa d’Avorio, Liberia, Nigeria, Repubblica del Congo, Sierra Leone, e Sud Sudan.
Dal 13 al 21 maggio 2022, sono stati segnalati all’organizzazione mondiale della sanità casi di monkeypox umani in 12 Stati Membri in cui la malattia non è endemica. Alcune decine di casi sono stati segnalati in paesi europei fra cui l’Italia. Analisi epidemiologiche sono attualmente in corso per identificare la/e catena/e di trasmissione.
Il virus non si trasmette facilmente da persona a persona. La trasmissione umana è legata principalmente al contatto stretto con i fluidi corporei o con le lesioni cutanee di una persona infetta. Ci si può infettare anche attraverso droplets mediante contatto prolungato faccia a faccia o con oggetti contaminati (lenzuola, vestiti…). I dati ad oggi disponibili e la natura dello lesioni suggeriscono che il virus possa essere trasmesso attraverso rapporti intimi.
Nell’uomo si presenta con febbre, dolori muscolari, cefalea, rigonfiamento dei linfonodi stanchezza e manifestazioni cutanee quali vescicole, pustole, piccole croste. La malattia si risolve spontaneamente in 2-4 settimane con adeguato riposo e senza terapie specifiche; possono venir somministrati degli antivirali quando necessario. Fino a questo momento la maggior parte dei casi ha avuto sintomi lievi con un decorso benigno.
Tuttavia, il vaiolo delle scimmie può causare una malattia più grave in alcuni gruppi di popolazione particolarmente fragili quali bambini, donne in gravidanza e persone immunosoppresse.
È possibile che le persone che non sono state vaccinate contro il vaiolo (vaccinazione abolita in Italia nel 1981) siano a maggior rischio di infezione con il monkeypox per l’assenza di anticorpi che, per la similitudine del virus del vaiolo con il monkeypox, possono essere efficaci a contrastare anche questa virosi. La vaccinazione post-esposizione (idealmente entro quattro giorni dall’esposizione) può essere presa in considerazione per contatti a rischio più elevato come gli operatori sanitari, compreso il personale di laboratorio, previa attenta valutazione dei rischi e dei benefici. (cfr. circolare Ministero salute del 25/05/2022).
ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ
Corso Umberto I, 395
84013 – Cava de’ Tirreni (SA)
Prenotazione: 089 464403 – lab.minerva@libero.it
Il colesterolo è un grasso (lipide), appartenente alla classe degli steroli, molto importante per il corpo umano; l’organismo, infatti, ne ha bisogno in quantità adeguate poiché è il costituente fondamentale delle membrane delle cellule e di alcuni ormoni; il colesterolo, inoltre, è importante per lo sviluppo e il funzionamento delle cellule del cervello.
La presenza di quantità eccessive di colesterolo circolante nel sangue però è dannosa perché provoca l’aterosclerosi . Questa malattia è caratterizzata da deposito di colesterolo, calcio, fibrina, lipidi e prodotti di degradazione cellulare a livello dello strato interno delle arterie di grandi e medie dimensioni con la formazione di addensamenti detti placche aterosclerotiche (ateromi).
Le arterie più colpite sono le coronarie, le carotidi, le renali, le iliache, le femorali.
Le placche aterosclerotiche si possono rompere causando la formazione di trombi e/o emboli che possono provocare infarto, ictus, e malattie vascolari periferiche.
L’esame di laboratorio per misurare il livello di colesterolo nel sangue (colesterolemia totale), a differenza della maggior parte degli esami clinici, non è utilizzato per accertare (diagnosticare) o monitorare la malattia cardiovascolare ma per stimare il rischio di svilupparla o, se già presente, di andare incontro a complicazioni.
Per questo motivo, il controllo della colesterolemia, assieme alla misurazione della pressione del sangue (pressione arteriosa), all’abitudine al fumo, alla presenza di diabete, può dare indicazioni sulla probabilità (rischio) di sviluppare una malattia cardiovascolare negli anni successivi, vale a dire prima che essa si manifesti realmente. In questo modo, identificando il rischio, è possibile realizzare un’efficace prevenzione.
Le malattie cardiovascolari, sono multifattoriali, cioè al loro sviluppo contribuiscono contemporaneamente più fattori di rischio, di cui alcuni non modificabili (età e sesso) altri modificabili, fra questi i livelli di colesterolo totale nel sangue (colesterolemia totale).
Il colesterolo è legato a:
Per questo motivo è bene misurare sia la colesterolemia totale, che i livelli di colesterolo LDL e HDL.
Il colesterolo è in parte prodotto dal fegato e in parte introdotto con l’alimentazione. Seguendo una alimentazione a basso contenuto di grassi animali (grassi saturi), colesterolo e zuccheri, una adeguata e regolare attività fisica ed eliminando l’abitudine al fumo, è possibile ridurre la quantità di colesterolo nel sangue (colesterolemia) e, conseguentemente, anche il rischio di andare incontro a malattie cardiovascolari.
Ciò è stato ampiamente dimostrato. Il consumo elevato di prodotti animali (carni rosse, carni grasse, insaccati, lardo e pancetta, rosso d’uovo, formaggi, burro e panna, cibi che contengono olio di cocco o di palma) e di alimenti ad alto contenuto calorico, aumenta il livello della colesterolemia totale (leggi la Bufala).
Invece, includere nell’alimentazione grassi polinsaturi (di origine vegetale) diminuisce i livelli di colesterolo totale nel sangue e aumenta quelli del colesterolo HDL. Cibi ricchi di grassi polinsaturi includono: il pesce azzurro, l’avocado, noci e semi, l’olio di semi di girasole e di colza. L’olio extravergine d’oliva è ricco di grassi monoinsaturi; anche i grassi monoinsaturi hanno la peculiarità di abbassare i livelli di colesterolo LDL e di aumentare quelli del colesterolo HDL.
L’alimentazione sana, varia e bilanciata, è poco calorica, ricca di verdura e frutta, cereali, legumi, pesce e con poco sale.
L’esame della colesterolemia è comunemente prescritto dal medico quando si raggiunge l’età di 40 anni. Tuttavia, può essere eseguito anche prima se si pensa di essere a rischio di malattie cardiovascolari.
Oltre al colesterolo gli altri fattori di rischio cardiovascolare sono:
È utile misurare i livelli di colesterolo nel sangue (colesterolemia totale) e delle sue frazioni (colesterolo HDL e LDL) a intervalli regolari se sono stati prescritti farmaci (statine, ezetimibe).
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di Anna Longanella
L’analisi del sangue è una tecnica di diagnostica medica attraverso il quale è possibile valutare i parametri ematici del paziente evidenziandone lo stato di salute generale. Oltre a consentire al medico di valutare nello specifico la funzionalità di determinati organi o apparati, gli esami del sangue completi possono essere eseguiti periodicamente per tenere sotto controllo il proprio stato di salute assieme al proprio medico di fiducia.
Le analisi del sangue dovrebbero essere sempre prescritte dal medico che conosce il quadro clinico della persona.
Il prelievo di sangue è un esame veloce che prevede la puntura di una vena (solitamente a livello dell’avambraccio) ed il prelievo di una piccola quantità di sangue (variabile in base alla tipologia ed alla quantità di analisi da eseguire).
Solitamente viene richiesto il digiuno nelle 8 ore precedenti il prelievo, ma in alcuni casi il medico può effettuare l’esame anche quando il digiuno non è possibile, ad esempio quando viene eseguito il test di tolleranza al glucosio.
In alcuni casi i medici possono richiedere un digiuno più lungo di 8 ore.
Nel check-up completo, all’esame del sangue viene spesso associato anche un esame delle urine, il quale offre un campo di indagine vastissimo ed oltre a permettere di individuare eventuali nefropatie consente al medico di individuare pazienti affetti da diabete, infezioni al tratto urinario ed epatopatie.
Check-up completo analisi del sangue standard, cosa comprende?
Il check up rappresenta un pacchetto di esami che racchiude le analisi del sangue più importanti da eseguire per un controllo generale sul proprio stato di salute.
In linea di massima un analisi del sangue ci permette di:
Ogni quanto è bene fare degli esami del sangue di routine per un controllo generale?
È generalmente consigliato eseguire delle analisi del sangue di routine almeno una volta l’anno in soggetti sani.
Ma questa indicazione può variare da persona a persona: in presenza di alcuni fattori di rischio può essere necessario fare esami ematici di routine almeno una volta ogni 2 mesi. Questo può dipendere dallo stato di salute, lo stile di vita, i fattori di rischio, l’attività fisica svolta, ecc.
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di Anna Longanella
Nonostante il dilagarsi di Omicron in tutta Europa e nel mondo ecco che arriva l’ennesima mutazione del Coronavirus Covid-19.
Questa nuova mutazione B.1.640.2 è stata ribattezzata “IHU” e presenta molte variazioni rispetto al ceppo originale ed alla stessa variante Omicron.
Come per la Omicron, arriverebbe sempre da un Paese africano, in questo caso il Camerun.
Secondo la scoperta degli accademici dell’IHU Mediterranee Infection di Marsiglia, il ceppo mutante ha 46 mutazioni e 37 delezioni (di cui 23 localizzate sulla proteina spike), che si pensa rendano il virus più resistente ai vaccini e infettivo rispetto al Covid originale.
Finora sono stati individuati circa 12 casi vicino a Marsiglia.
L’Organizzazione mondiale della sanità, dal canto suo, vigila a distanza e la variante è stata “classificata come ‘Variante sotto monitoraggio’ (Vum)” dall’agenzia Onu per la salute già da un mese.
Attediamo i dati ufficiali per ulteriori chiarimenti e notizie in merito alla virulenza ed alla sintomatologia.
Dott.ssa Anna Longanella
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di Dott.ssa Anna Longanella
I virus, in particolare quelli a RNA come i coronavirus, evolvono costantemente attraverso mutazioni del loro genoma. Mutazioni del virus Sars-CoV-2 sono state osservate in tutto il mondo fin dall’inizio della pandemia.
Mentre la maggior parte delle mutazioni non ha un impatto significativo qualcuna può dare al virus alcune caratteristiche come ad esempio un vantaggio selettivo rispetto alle altre attraverso una maggiore trasmissibilità, una maggiore patogenicità con forme più severe di malattia o la possibilità di aggirare l’immunità precedentemente acquisita da un individuo o per infezione naturale o per vaccinazione. In questi casi diventano motivo di preoccupazione, e devono essere monitorate con attenzione.
L’OMS e la sua rete internazionale di esperti monitorano costantemente le modifiche in modo che, se vengono identificate mutazioni significative, l’OMS può segnalare ai Paesi eventuali interventi da mettere in atto per prevenire la diffusione di quella variante.
Le varianti ad oggi maggiormente conosciute e di interesse sono la variante alfa, la variante beta, la variante gamma, la variante delta ed in ultimo la variante mu.
Ogni variante ha specifiche caratteristiche di patogenicità e virulenza.
Per quanto riguarda l’impatto sull’efficacia delle vaccinazioni i primi studi affermano che il ciclo completo dei quattro vaccini già approvati rimane protettivo nei confronti di tutte le varianti, mentre diminuisce l’efficacia che si era evidenziata dopo la prima dose.
Ad oggi, dai dati emersi dagli studi effettuati dall’Istituto Superiore di Sanità, la variante predominante in Italia, con circa l’80% dei casi è la variante delta.
Per ciò che riguarda la situazione generale del Paese, al 1° settembre il 71,9% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino e il 63,9% ha completato il ciclo vaccinale.
In conclusione per ottenere una naturale efficacia della vaccinazione è necessario completare il ciclo vaccinale ed in casi specifici, come pazienti fragili, effettuare una terza dose di vaccino.
di Dott.ssa Anna Longanella
Ripartono le convezioni con la sanità privata. Finalmente riprendono con il ticket, analisi del sangue, diagnostica e visite specialistiche ambulatoriali.
Il budget messo in campo dalla Regione per la provincia di Salerno serve a recuperare le attività perse a causa del Covid!
Le prestazioni potranno essere erogate esclusivamente ai cittadini campani.
In Campania stanziati 72 milioni di euro per finanziare i budget integrativi per prestazione ambulatoriale. (Laboratori di analisi, radiologia e visite specialistiche).
Tutto questo permetterà sicuramente alle fasce deboli di poter accedere più facilmente a determinate prestazioni sanitarie. Una vera e propria boccata di ossigeno per le persone più indigenti e bisognose di attenzioni e cure.
Per queste persone infatti l’esaurimento dei fondi era diventato un vero e proprio problema vista la difficoltà di pagare visite e prestazione per intero.
Ad oggi è possibile pertanto rivolgersi alle strutture convenzionate per l’erogazione dei servizi!
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I vaccini contro il Covid sono efficaci e lo dicono i dati. Da mesi la comunità scientifica fornisce numeri sempre più dettagliati che dimostrano l’importanza della vaccinazione contro il virus per uscire dalla pandemia, anche l’Istituto superiore di sanità, che oggi ha aggiornato alcune percentuali.
L’effetto della vaccinazione è visibile quotidianamente con il numero dei contagi, relativamente basso nonostante non ci siano quasi più restrizioni dall’inizio dell’estate, ma soprattutto con la riduzione dell’occupazione dei posti letto d’ospedale rispetto ad altre fasi della pandemia.
I dati lo dicono chiaramente: chi non è vaccinato ha moltissime più possibilità di finire in ospedale rispetto a chi ha completato il ciclo vaccinale contro il Covid.
Fonte: Istituto Superiore di Sanità
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Associazione Farma e Benessere
Via Petrellosa, 27 - 84013 - Cava de' Tirreni (SA)