di Anna Longanella

Per superare la minaccia globale rappresentata dal COVID-19, purtroppo non sembra sufficiente disporre dei soli vaccini. Come per altre malattie, abbiamo bisogno di più opzioni per affrontare questa sfida e, inoltre, nemmeno un’adeguata copertura vaccinale sembra in grado di contrastare completamente la malattia.

Per questa ragione, diverse aziende, fra cui Astrazeneca, sono impegnate alla messa a punto di terapie valide per contrastare l’infezione da SARS-CoV2 o altre infezioni, mobilitando rapidamente gli sforzi di ricerca per far avanzare lo sviluppo di una nuova combinazione di anticorpi a lunga durata d’azione neutralizzante il coronavirus (LAAB) per la potenziale prevenzione e trattamento di COVID-19.

Anticorpi monoclonali

Gli anticorpi monoclonali imitano gli anticorpi naturali e hanno il potenziale per trattare e prevenire la progressione della malattia in pazienti già infettati dal virus, nonché di essere utilizzati come potenziale approccio preventivo, prima dell’esposizione al virus.

Una combinazione di anticorpi monoclonali potrebbe essere complementare al vaccino come agente profilattico, ad esempio per quelle persone per le quali un vaccino potrebbe non essere appropriato o per fornire una protezione aggiuntiva per le popolazioni ad alto rischio. Potrebbe anche essere usato per curare le persone che sono state infettate.

Ultimi Aggiornamenti

Novità per la lotta al virus: è disponibile in Italia la prima opzione farmacologica a base di anticorpi monoclonali per la prevenzione del Covid-19 nei pazienti fragili. La società farmaceutica AstraZeneca comunica che l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato l’utilizzo della combinazione di due anticorpi monoclonali a lunga durata d’azione (tixagevimab e cilgavimab) per prevenire i sintomi del Covid-19, prima dell’esposizione al virus, nelle persone ad alto rischio.

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Arrivano i primi dati sulla variante omicron, sulla sua diffusione e sulla sintomatologia. 

Omicron, secondo i primi dati, non è più grave di Delta. Ma di sicuro è più abile a camuffarsi per contagiare di più. Il suo travestimento preferito sembra essere quello del raffreddore, con mal di testa e dolore alle ossa, ma solo raramente con perdita di gusto e olfatto o con la febbre alta che ci costringe a restare a casa.

Rispetto al ceppo precedente del coronavirus, la nuova variante assume più spesso le vesti di un innocente malanno di stagione, ma con una capacità di contagiare gli altri – inclusi i fragili che invece potrebbero ammalarsi gravemente – due o tre volte più alta rispetto a Delta.

La presenza di sintomi lievi potrebbe essere semplicemente l’effetto della vaccinazione. Non è ancora chiaro infatti se la riduzione dei ricoveri notata in alcuni studi inglesi sia frutto di una minore severità intrinseca a Omicron o dell’immunizzazione della maggior parte delle persone.

Dott.ssa Anna Longanella

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A chi sarà somministrata la terza dose in Italia?

Il Ministero alla Salute ha deciso in prima fase di somministrarla a chi ha patologie o problemi che indeboliscono il sistema immunitario, da 28 giorni dopo la seconda come fosse un nuovo richiamo.  Si parte con gli ospiti delle Rsa e gli over 80, successivamente il “booster” verrà praticato agli operatori sanitari.

Ad oggi il nostro Paese ha deciso di effettuare la terza dose solo a chi ha più di 60 anni o è a rischio per problemi di salute o ha un “elevato livello di esposizione”.

Per quanto riguarda gli altri, il comitato per i medicinali ad uso umano ha concluso che le dosi di richiamo possono essere prese in considerazione almeno 6 mesi dopo la seconda dose per le persone di età pari o superiore a 18 anni.

Ci sono rischi di effetti collaterali?

Per il momento no: gli effetti collaterali sono sempre gli stessi. Gli israeliani che hanno fatto svariate milioni di somministrazioni non ne hanno visti in più rispetto a quelli registrati con le prime dosi. Non si può negare che tra i giovani ci siano casi molto rari, circa 1 su 100mila, di miocardite che comunque si risolve sempre in modo favorevole, ma per l’appunto non riguardano le categorie alle quali viene effettuata  la terza dose in questo momento.

Dott.ssa Anna Longanella 

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Il punto della situazione in Italia

di Dott.ssa Anna Longanella

I virus, in particolare quelli a RNA come i coronavirus, evolvono costantemente attraverso mutazioni del loro genoma. Mutazioni del virus Sars-CoV-2 sono state osservate in tutto il mondo fin dall’inizio della pandemia.

Mentre la maggior parte delle mutazioni non ha un impatto significativo qualcuna può dare al virus alcune caratteristiche come ad esempio un vantaggio selettivo rispetto alle altre attraverso una maggiore trasmissibilità, una maggiore patogenicità con forme più severe di malattia o la possibilità di aggirare l’immunità precedentemente acquisita da un individuo o per infezione naturale o per vaccinazione. In questi casi diventano motivo di preoccupazione, e devono essere monitorate con attenzione.

L’OMS e la sua rete internazionale di esperti monitorano costantemente le modifiche in modo che, se vengono identificate mutazioni significative, l’OMS può segnalare ai Paesi eventuali interventi da mettere in atto per prevenire la diffusione di quella variante.

Quali sono le varianti maggiormente conosciute?

Le varianti ad oggi maggiormente conosciute e di interesse sono la variante alfa, la variante beta, la variante gamma, la variante delta ed in ultimo la variante mu.

Ogni variante ha specifiche caratteristiche di patogenicità e virulenza.

Per quanto riguarda l’impatto sull’efficacia delle vaccinazioni i primi studi affermano che il ciclo completo dei quattro vaccini già approvati rimane protettivo nei confronti di tutte le varianti, mentre diminuisce l’efficacia che si era evidenziata dopo la prima dose.

Ad oggi, dai dati emersi dagli studi effettuati dall’Istituto Superiore di Sanità, la variante predominante in Italia, con circa l’80% dei casi è la variante delta.

Per ciò che riguarda la situazione generale del Paese, al 1° settembre il 71,9% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino e il 63,9% ha completato il ciclo vaccinale.

Conclusioni

In conclusione per ottenere una naturale efficacia della vaccinazione è necessario completare il ciclo vaccinale ed in casi specifici, come pazienti fragili, effettuare una terza dose di vaccino.

Quanto sono efficaci i vaccini contro il Covid!?

Dati di Efficacia!

I vaccini contro il Covid sono efficaci e lo dicono i dati. Da mesi la comunità scientifica fornisce numeri sempre più dettagliati che dimostrano l’importanza della vaccinazione contro il virus per uscire dalla pandemia, anche l’Istituto superiore di sanità, che oggi ha aggiornato alcune percentuali.

L’effetto della vaccinazione è visibile quotidianamente con il numero dei contagi, relativamente basso nonostante non ci siano quasi più restrizioni dall’inizio dell’estate, ma soprattutto con la riduzione dell’occupazione dei posti letto d’ospedale rispetto ad altre fasi della pandemia.

I dati lo dicono chiaramente: chi non è vaccinato ha moltissime più possibilità di finire in ospedale rispetto a chi ha completato il ciclo vaccinale contro il Covid.

Fonte: Istituto Superiore di Sanità

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Che cosa sappiamo sulle varianti del SARS-CoV-2

Quando un virus si replica o crea copie di se stesso a volte cambia leggermente. Questi cambiamenti sono chiamati “mutazioni”. Un virus con una o più nuove mutazioni viene indicato come una “variante” del virus originale.

Finora sono state identificate in tutto il mondo centinaia di varianti di questo virus.

L’OMS e la sua rete internazionale di esperti monitorano costantemente le modifiche in modo che, se vengono identificate mutazioni significative, l’OMS può segnalare ai Paesi eventuali interventi da mettere in atto per prevenire la diffusione di quella variante.

Queste le varianti che preoccupano di più gli esperti dell’OMS e dell’ECDC:

  • Variante Alfa

    (Variante VOC 202012/01, nota anche come B.1.1.7) identificata per la prima volta nel Regno Unito. Questa variante ha dimostrato di avere una maggiore trasmissibilità rispetto alle varianti circolanti in precedenza. La maggiore trasmissibilità di questa variante si traduce in un maggior numero assoluto di infezioni, determinando, così, anche un aumento del numero di casi gravi.

  • Variante Beta

    (Variante 501Y.V2, nota anche come B.1.351) identificata in Sud Africa.
    Dati preliminari indicano che, nonostante non sembri caratterizzata da una maggiore trasmissibilità, questa variante potrebbe indurre un parziale effetto di “immune escape” nei confronti di alcuni anticorpi monoclonali. Siccome potenzialmente questo effetto potrebbe interessare anche l’efficacia degli anticorpi indotti dai vaccini tale variante viene monitorata con attenzione.

  • Variante Gamma

    (Variante P.1) con origine in Brasile.
    Gli studi hanno dimostrato una potenziale maggiore trasmissibilità e un possibile rischio di reinfezione. Non sono disponibili evidenze sulla maggiore gravità della malattia.

  • Variante Delta

    (Variante VUI-21APR-01, nota anche come B.1.617) rilevata per la prima volta in India.
    Include una serie di mutazioni tra cui E484Q, L452R e P681R, la variante Delta è caratterizzata da una trasmissibilità dal 40 al 60% più elevata rispetto alla variante Alfa, ed è associata ad un rischio relativamente più elevato di infezione in soggetti non vaccinati o parzialmente vaccinati.
    Sono in corso approfondimenti di ricerca, in collaborazione con i partner internazionali, per capire meglio l’impatto delle mutazioni sul comportamento del virus e per garantire che vengano presi tutti gli interventi di salute pubblica appropriati.

Link di approfondimento salute.gov.it

ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA’ 

  •  Variante delta sintomi

  • Variante delta Inghilterra 

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Che cos’è la Variante Delta? 

In quest’ultimo periodo sentiamo parlare spesso di variante Delta o ex-variante “Indiana”. Ma che cosa significa?

Il coronavirus Covid-19, così come tutti i coronavirus, muta per sopravvivere. 

La variante Delta, individuata per la prima volta in India, è conosciuta anche come variante VUI-21APR-01 o B.1.617 e presenta una serie di mutazioni la cui presenza contemporanea desta molte preoccupazioni tra gli esperti. Il timore maggiore è che questo ceppo possa essere più contagioso e che presenti dei maggiori rischi di reinfezione.

Sintomatologia

Al momento tuttavia, precisa il ministero della Salute, non sembrano esserci delle evidenze che questa variante causi una malattia più grave o che i vaccini siano meno efficaci.

Per quanto riguarda i sintomi non sembrano esserci delle differenze significative rispetto alle altre varianti di Covid. Le persone affette dalla variante Delta quindi possono essere completamente asintomatiche o sviluppare i classici sintomi della malattia, quali febbre, tosse, mal di gola, debolezza, affaticamento e dolore muscolare oltre che alla perdita dell’olfatto e all’alterazione del gusto.

Diffusione

I contagi da coronavirus calano in Italia, ma la variante indiana del covid (identificata come Delta) obbliga a mantenere la guardia sempre altissima.

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Terapia domiciliare ed indicazioni ISS

Indicazioni ad interim per l’effettuazione dell’isolamento e della assistenza sanitaria domiciliare nell’attuale contesto COVID-19!

Quarantena e isolamento sono importanti misure di salute pubblica attuate per evitare l’insorgenza di ulteriori casi secondari dovuti a trasmissione di SARS-CoV-2 e per evitare di sovraccaricare il sistema ospedaliero.
La quarantena si attua ad una persona sana (contatto stretto) che è stata esposta ad un caso COVID19, con l’obiettivo di monitorare i sintomi e assicurare l’identificazione precoce dei casi.

Per COVID-19 il periodo di quarantena è di 14 giorni successivi alla data dell’ultima esposizione (periodo massimo di
incubazione della malattia, se il contatto dovesse avere acquisito l’infezione).

L’isolamento consiste nel separare quanto più possibile le persone affette da COVID-19 da quelle sane al fine di prevenire la diffusione dell’infezione, durante il periodo di trasmissibilità (fino a risoluzione della sintomatologia e a due test negativi per la ricerca di SARS-CoV-2 a distanza di almeno 24 ore l’uno dall’altro).

Compiti dell’operatore di sanità pubblica

L’operatore di sanità pubblica e i servizi di sanità pubblica territorialmente competenti, accertata la necessità di avviare la sorveglianza sanitaria in quarantena o in isolamento domiciliare, avranno il compito di informare il Medico di Medicina Generale (MMG) o il Pediatra di Libera Scelta (PLS) del soggetto e in collaborazione e accordo con questo, fornire informazioni dettagliate all’interessato/a sulle misure da adottare.

Scarica a questo link il documento completo!

Automedicazione

Se entri in contatto con una persona infetta, segui queste istruzioni:
Chiama il tuo medico o il numero verde per il COVID-19 per sapere dove e quando puoi sottoporti a un tampone.
Attieniti alle procedure di tracciamento dei contatti per contenere la diffusione del virus.
Se non sono disponibili tamponi, resta a casa e isolati dagli altri per 14 giorni.
Mentre sei in quarantena, non andare al lavoro, a scuola o in luoghi pubblici. Chiedi a qualcuno di portarti provviste.
Mantieni almeno 1 metro di distanza dagli altri, anche dai componenti del tuo nucleo familiare.
Indossa una mascherina chirurgica per proteggere il prossimo, anche se/quando hai bisogno di assistenza medica.
Igienizza spesso le mani.
Resta in una stanza separata dagli altri componenti della famiglia; se non è possibile, indossa una mascherina chirurgica.
Mantieni una buona aerazione dell’ambiente in cui soggiorni.
Se condividi la camera, posiziona i letti ad almeno 1 metro di distanza tra loro.
Monitora l’eventuale insorgenza di sintomi per 14 giorni.
Chiama immediatamente il tuo medico se avverti uno di questi segnali: difficoltà respiratoria, perdita della parola o della mobilità, stato confusionale o dolore al petto.
Cerca di restare ottimista rimanendo in contatto con i tuoi cari telefonicamente o via Internet, e fai esercizio a casa.

L’OMS sconsiglia l’automedicazione con qualsiasi farmaco, compresi gli antibiotici, come misura di prevenzione o cura del COVID-19.

AIFA – AGENZIA NAZIONALE DEL FARMACO – LINK ALLA TERAPIA DOMICILIARE

Associazione “Farma e Benessere” ODV

di Dott.ssa Anna Longanella

Con l’arrivo di nuove varianti di Coronavirus Covid-19 cresce la preoccupazione che i vaccini ad oggi in distribuzione possano non essere efficaci.

Farmaci e vaccini funzionano anche sulle varianti?

Ad oggi l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha dato conferma che diversi studi sono in corso nel mondo per rispondere a questa domanda. Al momento i vaccini sembrano essere pienamente efficaci sulla variante inglese, mentre per quella sudafricana e quella brasiliana potrebbe esserci una diminuzione nell’efficacia.

Per quanto riguarda i farmaci in uso e in sperimentazione non ci sono ancora evidenze definitive in un senso o nell’altro; tuttavia alcuni articoli preliminari indicano che alcuni anticorpi monoclonali attualmente in sviluppo potrebbero perdere efficacia. I produttori di vaccini stanno anche cercando di studiare richiami vaccinali per migliorare la protezione contro le future varianti.

A livello internazionale la comunità scientifica e le autorità di regolatorie stanno monitorando attentamente come cambia nel tempo il SARS-CoV-2 (il virus che causa il COVID-19) e quanto i vaccini COVID-19 possono proteggere le persone da eventuali nuove varianti del virus man mano che compaiono.

Dott.ssa Anna Longanella

Amministratore Rete di Laboratori Diagnostica Clinica

Fonte: Istituto Superiore di Sanità